27 - Iran-Arabia Saudita: il nuovo abisso.

06 gennaio 2016







Quando la pace si stava profilando all’orizzonte, rieccola allontanarsi. In Siria si stava riaccendendo una speranza di compromesso. Nello Yemen si stava delineando un cessate il fuoco. I due conflitti più sanguinosi del Medio Oriente sembravano avviati verso una pacificazione, ma'l'Arabia Saudita e l’Iran, nel giro di un weekend, sono arrivati a rompere tutte le loro relazioni e nel fragore delle loro invettive l’orrore e il sangue hanno ripreso il sopravvento, in una regione che sembra condannata a veder riaccendersi eternamente le sue guerre.
La domanda é: questa nuova crisi pub trascinare iraniani e sauditi in una guerra aperta che infiammerebbe tutta la regione oppure no? Non esiste interrogativo più importante , ma la risposta e’ incertissima, perché i
drammi del Levante sono legati tanto alla storia antica quanto a quella più vicina, tanto agli albori dell’espansione araba quanto alla fine della guerra fredda.
Facciamo un viaggio nel tempo: siamo nell’anno 642 dopo Cristo e gli arabi, diventati musulmani e unificati dalla nuova fede, hanno appena sconfitto la Persia nella battaglia di Nihavand. Un immenso impero e stato sconfitto, distrutto, convertito con la forza da tribu incolte che fino a quel momento aveva disprezzato, ma nella loro prostrazione quei persiani che oggi vengono chiamati  riescono a inventarsi ben presto un modo per preservare la propria identità in un mondo islamico fondamentalmente arabo.

" Abbracciano lo sciismo, la religione minoritaria dell’Islam, ponendosi come ‘alternativa all'Arabia che diventerà saudita, e che é sunnita come la stragrande maggioranza dei musulmani. Sconfitta, la Persia non ha mai rinunciato a prendersi la rivincita, e l'antagonismo fra queste due potenze regionali si arricchisce di un conflitto religioso e poi politico quando la Rivoluzione Iraniana rovescia lo Scia, nel 1979. "- Quel giorno, le monarchie del Golfo sentono il pericolo avvicinarsi, perché una repubblica, per quanto teocratica, ha
trionfato alle loro porte, una repubblica che denuncia la loro corruzione, organizza la sedizione nei loro regni e fa leva sulle comunità sciite per proiettarsi sulle terre arabe, in Libano, in Siria e in Iraq" (appena l'intervento americano consegna le leve del comando alla maggioranza sciita che Saddam Hussein e la minoranza sunnita avevano tenuto ai margini del potere ).
Da quel momento le monarchie petrolifere, in testa a tutte l'Arabia Saudita, non sognano altro che di schiacciare l'Iran, ed é a questo punto che la storia vicina viene ad aggravare il tutto, privando il Media
Oriente dei suoi signori stranieri. Con L’implosione dell’Unione Sovietica, quelle dittature arabe che erano legate a Mosca perdono il loro protettore, mentre gli Stati Uniti cominciano a pensare che, era che la guerra fredda é finita, non hanno più interesse a continuare a sostenere i potentati sui quali si erano appoggiati nella regione. .
Al contrario, l'America decide che ha tutto da guadagnare a tendere la mane ai nuovi ceti medi urbani del mondo arabo, quella gioventù istruita che aspira alla democrazia e condivide già la culture occidentale
attraverso Internet. Per una volta, l'America aveva visto giusto, perché sono proprio questi giovani delle città a guidare le primavere arabe del 2011, che rovesciano le dittature in Tunisia, in Egitto e nello Yemen, che scuotono il regime della popolazione siriana e sunnita. L'Arabia Saudita perde presa in Egitto", dove Hosni Mubarak, il suo alleato, viene cacciato dal potere.
Né regionali, né russe né americane, non c’é più nessuna superpotenza che possa incanalare alcunché, e dal Libano allo Yemen, passando per l'Lraq e la Siria, sullo sfondo di un arretramento delle rivoluzioni democratiche', iraniani e sauditi, arabi e persiani si contendono la prima piazza nella regione per interposti seguaci e correligionari.
Inizialmente rivoluzionario, il caos del 2011 assume rapidamente le caratteristiche identitarie e religiose, perché sunniti e sciiti si ritrovano ovunque contrapposti, in Paesi dove gli uni sono maggioranza e gli altri minoranza o viceversa. Le frontiere ereditate dal colonialismo vanno di fatto in pezzi ed e questo che da la possibilità ai più esaltati fra gli islamisti sunniti in Siria e a ex ufficiali sunniti del regime di Saddam Hussein
di creare lo Stato Islamico dell'Iraq e del Levante, Daesh nell’acronimo arabo, con lo scopo di fondare un nuovo Stato sunnita a cavallo di Iraq e Siria.
Inizialmente la cosa non dispiace ai sauditi, perché complica la vita agli iraniani: ma Daesh diventa cosi potente che Riad, spaventata quanto Teheran, si unisce alla coalizione internazionale formata per schiacciare l’organizzazione jihadista. Ancora una volta le linee si spostano, ma si spostano talmente tanto che a Riad una nuova generazione di giovani principi prende il sopravvento sugli ottuagenari e decide di salvare la dinastia attaccando contemporaneamente gli iraniani e ijihadisti di Daesh.
Ed ecco quindi che l'Arabia Saudita, la scorsa primavera, interviene nello Yemen per contrastare la penetrazione dell’Iran, e sabato fa giustiziare in un giorno solo una quarantina di jihadisti e quattro
oppositori sciiti fra cui un importante esponente religioso.
E questo che ha provocato la rottura fra i due Paesi, e che minaccia ormai i fragili processi di pace in Siria e nello Yemen.-
E questo che potrebbe, parallelamente, ridare Io slancio a Daesh. E una situazione grave, molto grave, talmente inestricabile che la diplomazia americana, quella europea e quella rus-
sa sono ancora li che si chiedono come fare a sbrogliare la matassa: ma in questo intreccio di diffidenze reciproche e conflitti armati, in questa collisione fra la storia antica e quella vicina, una certezza c'e.
La tentazione di dire che non c’e niente da fare, che non resta che lasciare che  e sauditi s_i scannino fra loro fino all'ultimo yemenita e all'ultimo siriano, sarebbe semplicemente suicida. Né la Russia, né l’America né tantomeno l'Europa possono cedervi, perché se rinunciassero a intervenire lascerebbero  e sauditi
arrivare fino a uno scontro diretto a cui non vogliono arrivare. Le riserve petrolifere di questi due Paesi ne uscirebbero distrutte o non utilizzabili. Tutta l’economia mondiale ne risentirebbe, e mentre i flussi di pro-
fughi decuplicherebbero e la Turchia verrebbe trascinata nella guerra, Daesh avrebbe campo libero per espandersi in Africa, reclutare combattenti in Arabia Saudita e moltiplicare gli attentati in Europa. In un
mondo che ormai e tutt'uno, il Medio Oriente rappresenta una minaccia planetaria, che può ancora essere contenuta cercando, malgrado tutto, di arrivare a un compromesso in Siria. Sauditi e  Iraniani lo auspicano ancora, perché hanno in Daesh un nemico comune, e gli iraniani ormai hanno capito che sarà impossibile mantenere al potere Bashar al Assad.
Riportare la pace in Siria è possibile. E una volta raggiunto questo successo si potrebbero aprire negoziati per arrivare a definire un equilibrio delle forze in Medio Oriente che passi per la riduzione degli armamenti e il rispetto della non ingerenza. Non è utopistico. E urgente e vitale, soprattutto per l’Europa.

Traduzione di Fabio Galimberti

La Repubblica , 06 gennaio 2016

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