Un
modesto consiglio non richiesto: e se Matteo Renzi coprisse Jean-Claude Juncker di carte, di idee e di proposte invece
che di battutacce? Forse lo metterebbe davvero alle strette. E l’Italia
recupererebbe in Europa quel posto che, volenti o nolenti, ha perduto. Perché
mentre a Roma si parla, altrove si agisce. Adesso anche l’Austria dopo la
Svezia e la Danimarca vuole violare il trattato di Schengen, mentre la Germania
minaccia di muoversi “temporaneamente” sulla stessa strada.
Nell’interpretare
la querelle tra il capo del governo italiano e la Commissione europea, Eugenio Scalfari nella sua omelia domenicale
sulla Repubblica ci offre una
interpretazione “alta”: anche Renzi cavalca l’onda neo-nazionalista che sta
attraversando l’intera Europa dal Baltico al Mediterraneo. Una lettura più
terra terra porterebbe a dire che Juncker è un bersaglio facile. E’ un vecchio
elefante dell’europeismo ortodosso e non rappresenta certo il rinnovamento. Per
scelta e per collocazione geopolitica è infilato come un chiodo nell’asse
renano (cioè franco-tedesco). Pur di farsi eleggere alla presidenza della
commissione ha promesso due cose: flessibilità nell’applicare le regole di
Maastricht e investimenti pubblici. Finora è stato molto flessibile con
francesi e spagnoli, molto meno con gli italiani. Quanto al fantomatico piano
infrastrutturale, si è rivelato modesto e comunque non è ancora partito.
Dunque, non sarà come tirare sulla croce rossa, ma quasi, anche perché, lo ha sottolineato Marta
Dassù sulla Stampa, ormai la Commissione
conta sempre meno in questa Europa dove dominano i governi nazionali e
comandano i più forti con i loro satelliti.
Non solo. Renzi ha molte frecce a suo favore: sulla
bad bank, sull’immigrazione, su Schengen, sulla Libia, sui salvataggi
industriali, Bruxelles ha avuto un atteggiamento fiscale e antipatizzante verso
l’Italia. Sulla politica fiscale invece no, qui Roma non ha tutte le carte in
regola; infatti ha ignorato le raccomandazioni della Commissione, ha seppellito
la spending review, ha detassato la prima casa invece che il lavoro (il bonus
di 80 euro è stato un coitus interruptus), ha speso in disavanzo (pur
mantenendo il deficit sotto il 3%), non ha ridotto il debito pubblico. Adesso
Renzi fa filtrare che vuole rimettere in discussione il Fiscal compact senza
spiegare come e quando. Insomma, il governo italiano dà l’impressione di non praticare
l’autonomia, ma piuttosto l’anarchia.
Forse non è così perché alla fine sarà costretto a
mettersi in riga. Forse alzare la voce paga all’interno perché non si sentono
più le imprecazioni di Salvini. Forse agitare le acque fa bene nella mefitica palude
europea. Forse. Ma una cosa è certa: per farsi sentire davvero, Renzi dovrebbe
avere una strategia chiara e un programma robusto.
Non è
solo questione di alleati come ha scritto Antonio Polito sul Corriere della Sera (il che conta non c’è dubbio); è
questione di dove andare. L’Unione europea è in crisi, Renzi la vuole
rottamare? E per farne cosa? Ha messo al lavoro un trust di cervelli, pescando
in quella ampia schiera di giuristi, diplomatici, economisti esperti di affari
europei? Vuole una Ue a geometria variabile? E in quale cerchio sta l’Italia?
Intende cedere ancora sovranità come chiede Mario Draghi? O riprendersela mettendosi sulla scia degli inglesi?
Si deve seppellire non solo l’accordo di Lisbona, ma Schengen? Bisogna
rinegoziare le regole del deficit e del debito, abbandonare le quote
artifiiciose del 3 e del 60%? Non lo sappiamo, Palazzo Chigi non lo ha detto,
aspettiamo fiduciosi.
Intanto, il governo potrebbe rispondere a Juncker non
con altre battute polemiche, ma con i fatti. Innanzitutto sull’economia. A
marzo la Legge di stabilità dovrà essere sottoposta all’esame di riparazione.
Nel frattempo una serie di parametri sono cambiati e in peggio. Il governo
farebbe bene a rivedere alcune scelte di fondo, soprattutto a riprendere in
mano la revisione della spesa, per creare un cuscinetto di risorse che metta al
riparo il Paese da una nuova tempesta finanziaria. Ciò vuol dire meno spese e
meno tasse, in parallelo. Nello stesso tempo dovrebbe rilanciare le riforme
promesse e incompiute (pubblica amministrazione, applicando il Jobs act anche
all’impiego statale, liberalizzazioni, concorrenza, privatizzazioni e
quant’altro). E a questo punto sfidare i paesi protezionisti che non ci pensano
proprio a liberalizzare il loro mercato interno, a cominciare da Francia e
Germania.
Sull’immigrazione non basta la retorica degli italiani
brava gente, bisogna agire con fermezza contro i clandestini (abolire il reato
per fare un favore agli uffici giudiziari è in questo momento quanto meno
impolitico), essere davvero efficienti nelle registrazioni e proporre a
Bruxelles una norma comune sull’asilo. Quanto all’immigrazione per ragioni
economiche, bisogna stabilire delle quote sostenibili e poi sostenerle con una
politica dell’accoglienza non solo con la chiacchiera buonista. A questo punto
si può davvero respingere con tutti i crismi l’idea tedesca di tenere Italia e
Grecia fuori da Schengen.
Sulla politica estera e di sicurezza, Renzi ha
oscillato tra tanti partiam partiamo e la voglia malcelata di gridare tutti a
casa. Ha compiuto un serio errore dopo l’attentato del 13 novembre, quando ha
lasciato cadere le richieste di Hollande. In fondo non erano impegni così
gravosi, gli stessi offerti poi dalla Germania (un po’ di soldati in Libano,
qualche carabiniere in Mali, qualche Tornado con macchina fotografica nei cieli
della Siria). Sulla Libia si va dal “blitz umanitario” alla pura confusione
politica. Stiamo con Obama e con Putin, con l’Iran ma anche con gli sceicchi e
i sauditi che ci comprano le banche e le compagnie aeree. Lo specchio di questo
andirivieni tra sogni e realtà è una questione di importanza strategica come
l’energia. L’Eni nel Nord Stream, la Saipem ai russi, l’Enel che chiude le
centrali, compriamo più gas e abbiamo troppa elettricità, troppa anche per
esportarla. Cosa vogliamo e come ci schieriamo? Ecco un altro bel dossier da
portare sulla scrivania della commissione europea.
Stefano Cingolani, 17 gennaio 2016
Brava la
Merkel nel fare la bulletta ed annunciare di accogliere un milione di profughi
siriani e l’universo a spellarsi le mani nell’applaudire. La notizia ha ovviamente
creato un caos indescrivibile dal momento che dalla Siria alla Germania, quei
profughi devono attraversare mari e diverse nazioni dove hanno creato non pochi
problemi (molti veri e moltissimi puramente razziali), che noi italiani
conosciamo benissimo e su cui proprio la Merkel per prima ci ha snobbato
lasciandoci nel caos di quelli che morivano nel mediteranno ed approva davano nelle
regioni del sud.
Bullata
successiva é stata l’idea di pagare al fascista presidente della Turchia
Erdogan la bellezza di tre miliardi di euro (un decimo di provenienza italiana)
senza nessuna garanzia sulla destinazione effettiva (il fascista turco tende a
usarli contro i kurdi…) e senza nemmeno sapere se questa somma dovrebbe stare
dentro-fuori dal deficit nazionale oppure essere soldi europei.
Insomma
la Merkel ha dimostrato ancora una volta che il suo piccolo spirito di rapa
capace solo di fare i conti del proprio borsellino (soldi e voti…) invece di
risolvere un gravissimo problema europeo (l’immigrazione politica ed economica
in Ue) lo ha fatto definitivamente esplodere.
I muri
che i vari stati proto fascisti hanno creato in Europa contro “l’invasione”
degli immigrati sono il frutto –fatto maturare/accadere apposta dalla Merkel
fuori dal suo paese- sono il terzo aspetto del caso politico che la Germania
sta creando nel nord del Mediterraneo.
Il
surplus commerciale tedesco stimola l’afflusso preferenziale degli immigrati e
la Germania cerca di promuoverlo ancora di più attraverso una “selezione
massale” degli immigrati (trattenere quelli più professionali e spedire altrove
i meno). Se non é razzismo “elegante” questo, chissà come va nominato.
Gli
immigrati “scartati” secondo la Merkel
debbono restare-fermarsi nelle nazioni meno ricche dell’Ue ma queste non
possono ne vogliono assorbirne perché sono in piena crisi economica e sono infiltrate
di ampio consenso razzista.
Ultimo
errore (o carognata?) della Merkel quella di liquidare la faccenda
regalando tre miliardi di euro ad Erdogan (uno che andrebbe
cacciato dalla NATO) perché si tenga in casa o sui confini quelli che fuggono
dal M:O. La Merkel fa finta di non sapere che Erdogan sta cercando sia di
liquidare il popolo kurdo con un pogrom sul campo sia la democrazia nel suo
paese che sta conducendo verso una netta islamizzazione. Non ci vuole fantasia
per capire che destinazione prenderanno
quei tre miliardi: acquisto di armi in Germania per liquidare i kurdi e per
fare un po’ di ammuina contro il daesh. Tanto a quelle latitudini ci sono ben
pochi testimoni che possono vedere e sapere se la bomba turca é stata tirata
per i kurdi o l’isis.
Il Renzi ha
probabilmente ben chiaro questo gioco sporco della Merkel, e quindi non molla i
300 milioni di euro della sua spesa condominale in ambito Ue ed allora ecco il
suo tirapiedi Junker che telefona a Roma per sollecitare il versamento della
rata e nessuno gli risponde. Non troviamo interlocutori a Roma, si lamenta lo
Junker ma non dice che interlocutori cerca e per cosa.
Qualcuno
avverta la Merkel che la politica oggi é maledettamente seria e gli immigrati
non si possono più tatuare o passare per il camino (in Turchia).
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